Sei sempre stata mia by Megan Maxwell

Sei sempre stata mia by Megan Maxwell

autore:Megan Maxwell [Maxwell, Megan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2019-04-23T13:08:29+00:00


40

Tranquillo per la prima volta dopo molto tempo mi dirigo verso la villa di Jerez.

Quando arriviamo e scendo dall’auto prendo di nuovo Judith per mano e con l’altra raccolgo il suo zaino, poi entriamo in casa in silenzio.

All’interno vedo che si ferma e si guarda intorno.

La villa, che ho affittato d’estate la prima volta che sono andato a Jerez, è completamente cambiata. Adesso è una casa moderna dotata di tutti i comfort.

La sorpresa sul suo volto mi fa capire che nessuno le ha detto niente. Accendo la musica, che come ha detto lei una volta ammansisce le fiere, la guardo e dico: «Ho comprato la casa».

Judith è incredula. Non mi stancherò mai di vedere la sua espressione quando qualcosa la sorprende.

«Hai comprato questa casa?», chiede.

«Sì. Per te».

«Per me?»

«Sì, amore. Era il mio regalo di Natale».

Stupita, continua a guardarsi attorno mentre io mi siedo. Il vestito nero che indossa è molto sexy e mormoro: «Sei bellissima con quel vestito».

Si siede accanto a me. Mi sembra più tranquilla e risponde: «Grazie. Che tu ci creda o no l’ho comprato per te».

Mi fa piacere, e dopo aver guardato il suo meraviglioso corpo, replico: «Ma pensavi di offrire a qualcun altro quello che nasconde il vestito».

Lei annuisce, capisce benissimo quello che intendo, e risponde con la solita arroganza: «Come ti ho detto una volta non sono una santa. E quando sono single faccio quello che voglio del mio corpo, con chi voglio. Sono la padrona di me stessa, devi capirlo una volta per tutte».

La sua arroganza mi fa infuriare, ma non ho voglia di discutere, e preciso solo: «Esatto, quando sei single, e non è questo il caso».

Noto che le mie parole non le vanno a genio e ci guardiamo, ci sfidiamo come sempre mentre la musica suona in sottofondo. Ho bisogno di vederla sorridere e dico: «Mia madre e mia sorella ti salutano. Sperano di vederti in Germania per la festa che hanno organizzato il 5, te lo ricordi?»

«Sì, ma non contare su di me. Non vengo».

Sospiro. È chiaro che è ancora inferocita, quindi provo a parlarle. Faccio ricorso a tutta la calma necessaria per non alzare la voce, ma alla fine me ne esco così: «Non ti permetterò di continuare a fare la cameriera né qui né da nessun’altra parte. Odio vedere come ti guardano gli uomini. Sono molto geloso delle mie cose, e tu…».

Mi risponde in malo modo, ma forse è quello che mi merito.

Parliamo, parliamo e parliamo, e quando menziono l’anello che le ho regalato mi dice che non lo vuole e che lo posso mettere dove so io.

Quanta pazienza…

Insisto, insisto finché non ce la faccio più, ma lei non si smuove. Alla fine mi arrendo.

Mi dice quanto l’ho fatta sentire male l’ultimo giorno che ci siamo visti in ufficio. Le chiedo scusa. Me ne vergogno, e lei, lasciandomi intravedere un piccolo spiraglio di speranza, sussurra: «Ascoltami bene perché da adesso in poi ogni volta che mi arrabbierò con te verrai punito. Mi sono stancata che tu sia il solo a dispensare punizioni».



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